L’olio d’oliva da sempre presente sulle tavole degli italiani e base di moltissime ricette della tradizione culinaria della penisola, è da sempre uno dei capisaldi della dieta mediterranea.
Come si può ben immaginare l’olio, liquido estratto dalla spremitura dell’oliva, è originario proprio delle terre bagnate dal Mar Mediterraneo, dove il clima mite e ventilato è perfetto per la coltivazione degli ulivi.
Le sue origini, si perdono nella notte dei tempi, infatti pare che già nel 4000 a.C l’olio e il suo utilizzo fosse largamente diffuso in Medio Oriente (Armenia e Palestina) dove oltre che per il consumo alimentare era utilizzato come unguento medicamentoso, cosmetico per la cura della pelle o per alimentare le lampade. Era anche largamente utilizzato in Mesopotamia, come ci testimonia il famoso Codice di Hammurabi.
La vera espansione e fortuna di questo prodotto, però arriva con i greci che hanno anche il merito di averne favorito produzione e commercializzazione in tutto il Mediterraneo.
L’olio e l’ulivo infatti godevano di grande considerazione in Grecia, poiché si tratta della pianta sacra alla dea Atena protettrice dell’omonima polis e per estensione di tutta la penisola attica. Secondo alcuni miti dell’epoca infatti fu proprio la stessa dea, che si contendeva l’egemonia dell’attica con il dio Poseidone, a donare la rigogliosa pianta alla Grecia, come simbolo e augurio di pace eterna e prosperità, contrapposto al dono del dio del mare un cavallo bianco simbolo di supremazia in guerra, i cittadini ovviamente scelsero l’ulivo e consacrano la loro città alla dea, che da quel giorno, in suo onore si chiamerà Atene.
L’olio era fondamento nella vita dei Greci, un atleta che frequentava il ginnasio in un anno poteva consumare almeno 60 litri d’olio, tra la cura del corpo e l’igiene personale (30 litri), l’alimentazione e l’uso medico, i rituali religiosi e come combustibile per lampade.
Proprio per questo l’olio era anche tra i premi che gli atleti potevano vincere alle Panatenaiche, infatti oltre alle tradizionali medaglie d’oro e d’argento ai vincitori venivano consegnate preziose e grandi anfore decorate a Figure Nere, per una quantità che poteva arrivare anche ai 2000 litri.
Grazie poi all’avvento dell’Impero Romano, la coltivazione di questa pianta si diffuse in tutti i loro territori e soprattutto nella penisola italiana, dove si espanse sempre di più fino a consacrare l’Italia, nel 1400 in pieno rinascimento, come il maggiore produttore di olio d’oliva nel mondo.
La grande diffusione degli ulivi avviene grazie ai monaci benedettini e cistercensi, che lo coltivano nei giardini delle loro abbazie. Dobbiamo proprio a dei monaci, quelli di San Colombano del monastero di Lerino, una delle qualità di oliva più apprezzate nella produzione dell’olio e tipica del ponente ligure, l’oliva Taggiasca.
Questa varietà, permette di ottenere un ottimo olio dal sapore fruttato, ma sempre delicato. Fondamentali però per ottenere un buon olio extravergine d’oliva, non sono soltanto le olive di qualità, ma anche le fasi di lavorazione. Infatti è importante che la spremitura del frutto sia eseguita a freddo, senza superare la temperatura di 27 gradi. Anche la dicitura extravergine è importante se si vuole gustare un prodotto genuino che conserva intatta tutte le proprietà dell’oliva senza alterarle con altri additivi.