La Cucina di Arezzo si fa notare e apprezzare per i sui piatti genuini composti da ingredienti semplici, quelli tipici della tradizione popolare contadina.
La sua storia culinaria presenta contaminazioni con la cucina umbra, essendo un Arezzo una provincia di confine, e molte similitudini con la cucina tipica Toscana.
Con il resto della regione condivide infatti il massiccio utilizzo di tagli di carne bovina e il caratteristico pane toscano privo di sale, presente in moltissime ricette aretine.
Altre costanti della cucina di questa provincia a sud della Toscana, sono la presenza dell’Olio extra vergine d’oliva prodotto sulle colline che circondano le città e le verdure fresche di stagione sempre di produzione locale.
Si tratta infatti di una zona molto legata alla terra, non presenta infatti nel suo territorio laghi o accessi al mare.
Btaly On Tour vuole dare l’opportunità di far conoscere alle persone che visitano questa straordinaria provincia le ricette e i piatti tipici che si tramandano di generazione in generazione.
Qui di seguito troverete i migliori piatti della tradizione da provare ad Arezzo e provincia!
1. La BISTECCA Con L’Acciugata
Fonte della Foto: mangia-e-bevi.it
La Bistecca con l’acciugata è un piatto tipico aretino che unisce la Valdichiana con questa salsa tipica del Valdarno. Si tratta di una crema utilizzata come condimento per carni e altri alimenti, preparata con acciughe salate sfilettate, capperi e olio extravergine d’oliva.
Il suo sapore quasi inaspettato è molto particolare. si contraddistingue per essere soprattutto forte e sapida, nella sua essenza di mare, l’acciugata toscana, è una salsa originaria del Valdarno, l’ampio catino naturale delimitato dai monti del Chianti.
Inusuale ma perfetta “compagna” della carne, la storia di questa salsa è erede di una lunga tradizione a sua volta connessa a quella del Garum romano e all’utilizzo delle acciughe, che spesso appaiono nella tradizione della cucina italiana.
L’Acciugata: connubio perfetto tra terra e mare!
Difficoltà: Facile
Costo: Basso
Tempo di Preparazione: 15 minuti
Tempo cottura: 10 minuti
Porzioni: 6 persone
INGREDIENTI:
- Tre acciughe sotto sale
- 1 cucchiaio di capperi sotto aceto
- 50 gr burro
- 100 ml olio extravergine d’oliva
LA PREPARAZIONE:
Prendete le acciughe passatele sotto l’acqua correte, togliete il sale in eccesso e fatele sciogliere nell’olio all’interno di un padellino messo precedentemente sul fuoco. L’olio non deve essere mai troppo caldo, le acciughe si scioglieranno appena sentiranno il calore.
Prendete metà capperi e sminuzzateli con un coltello, aggiungete sia quelli spezzettati sia quelli interi al pentolino con le acciughe. Lasciate insaporire a fuoco basso per 2/3 minuti. A fuoco spento unite il burro e mantecate.
Consigliata da gustare con la Carne Chianina toscana:
Servite calda sulla bistecca aiuterà ad ammorbidire la carne e a salarne la parte interna, consigliamo di non salare la bistecca essendo l’acciugata già molto salata naturalmente.
Buon Appetito!
2. I CROSTINI NERI
Fonte della foto: giallozafferano.it
I CROSTINI NERI chiamati anche crostini toscani, sono una ricetta popolare tipica di tutta la Toscana usata quasi esclusivamente per l’antipasto. Consiste in una preparazione a metà tra un ragù e un paté a base di fegatini di pollo, acciughe e capperi da spalmare su crostini di pane arrostito e bagnato nel brodo.
Ne esistono numerose varianti, tra le più diffuse c’è quella che prevede, come ingredienti, carne macinata di vitello, fegatini di pollo, carota, sedano, prezzemolo, capperi, acciughe, olio extravergine d’oliva e Vinsanto.
I Crostini neri: un classico toscano!
Difficoltà: Facile
Costo: Economico
Metodo di cottura: Fornello
Tempo di Preparazione: 15 minuti
Tempo cottura: 15 minuti
Porzioni: 6 persone
INGREDIENTI:
- 1 pane toscano (o casereccio)
- 460 g fegatini di pollo
- 3 filetti acciughe sott’olio
- 1/2 bicchiere di vin santo
- 1/2 cipolla
- q.b. capperi sott’aceto
- q.b. salvia
- q.b. alloro
- q.b. burro
- q.b. olio extravergine d’oliva
- q.b. sale fino
- q.b. pepe nero
LA PREPARAZIONE:
Per preparare i crostini neri, ricetta tradizionale aretina, lavate i fegatini di pollo messi in uno scolapasta sotto l’acqua fredda corrente poi scolateli molto bene e tamponateli con della carta assorbente.
Pelate e tritate mezza cipolla (bianca o dorata) e fatela rosolare nel tegame con il burro, nel frattempo tritate grossolanamente i fegatini di pollo e quando la cipolla sarà rosolata unite anche questi.
Aggiungete anche i filetti di acciughe sott’olio, la salvia, l’alloro, il sale e il pepe. Rosolate bene i fegatini a fuoco medio poi sfumate con il vin santo fino a farlo evaporare.
Una volta che i fegatini saranno cotti, toglieteli dal fuoco, versateli nel tritatutto ed aggiungete i capperi ben strizzati. Azionate fino ad ottenere una crema liscia ed omogenea.
Aggiungete poco olio extravergine d’oliva, mescolate e trasferite il composto in una ciotola. Spalmate poi la salsa sui crostini di pane morbido o leggermente tostato.
Ricordiamo che questo condimento per i crostini si conserva in frigorifero per circa 5/6 giorni in un contenitore ermetico. Si può congelare.
Consigliamo di gustare i crostini insieme ad un buon bicchiere di rosso toscano, come il Chianti classico.
Buon Appetito!
3. La SCOTTIGLIA
Fonte della foto: casapappagallo.it
Piatto tipico del Casentino, di origine medievale. Una sorta di vero e proprio “cacciucco di terra” a base di carni miste (manzo, pollo, faraona, pollo, coniglio, piccione, anatra, agnello) da sottoporre a una lunga cottura in tegame. Si prepara prima un soffritto di cipolla, carote, aglio, prezzemolo, basilico, e peperoncino. Si aggiunge poi la carne e si fa cuocere per un paio d’ore bagnando con vino rosso e succo di limone. Al termine ci sarà anche l’aggiunta del pomodoro: da servire con pane tostato strofinato con l’aglio.
La ricetta originale di questo preparato succulento e gustoso si perde nei meandri della memoria umana. Per alcuni è un piatto medievale e altri addirittura affonda le proprie radici nell’antichissima tradizione etrusca. Un mistero che in pochi possono dire con certezza di essere in grado di svelare e risolvere.
Quello che è certo è che la versione contemporanea prevede anche l’uso del pomodoro tra gli ingredienti. Sicuramente una rivisitazione subita, come del resto per molti altri piatti della tradizione culinaria italiana, in seguito alla scoperta dell’America.
Dunque, la Scottiglia altro non è che un super stufato per la cui preparazione vengono adoperate molte varietà di carni. Coniglio, pollo, manzo, maiale, faraona, agnello, nana. Più ce ne sono e meglio è. Una peculiarità così originale che ha ricordato a molti l’assonanza con il Cacciucco. Come nella celeberrima zuppa livornese, la Scottiglia è una sinfonia di consistenze, sapori e profumi eseguita con la grazia e la maestria dei grandi musicisti e direttori d’orchestra.
La Scottiglia: il cacciucco di terra!
Difficoltà: Media
Costo: Medio Basso
Metodo di cottura: Fornello
Tempo di preparazione: ∞ minuti
Tempo cottura: ∞ minuti
Porzioni: 6 persone
INGREDIENTI:
Per il fondo:
- Ossa e frattaglie di manzo o vitello 1 Kg
- Vino bianco ½ bicchiere
- Pomodori 50 grammi
- Cipolla, aglio, carota, prezzemolo, sedano, basilico, timo
Per la scottiglia:
- carni di tutti i tipi 1800 grammi (maiale, coniglio, pollo, faraona, piccione, agnello…)
- vino rosso 1 bicchiere
- pomodoro 150 grammi
- Cipolla, aglio, sedano, carota, prezzemolo, basilico, peperoncino rosso, sale
- pane casalingo
LA PREPARAZIONE:
Come primo step è consigliabile preparare il brodo per il fondo.
Prendere ossa e frattaglie di vitello e manzo e metterle a rosolare in un tegame a fuoco lento. Fate un battuto di cipolle, carote, sedano, aglio, prezzemolo, basilico, e timo e aggiungetelo alle ossa e alle frattaglie lasciando che appassisca, sfumate con del vino rosso e portate avanti con la cottura per circa venti minuti. Aggiungere i pomodori e la salsa di pomodoro ammorbidita in acqua calda. Lasciate cuocere a fuoco lento ancora per mezz’ora. Aggiungere poi acqua calda fino a coprire ossa e frattaglie e lasciate cuocere per almeno quattro ore togliendo di volta in volta la schiuma prodotta dal composto durante la cottura.
Una volta trascorso questo tempo filtrare il brodo ottenuto con una tela rada e forte e tenetelo da parte.
Tagliate in pezzi piuttosto grossi tranci di: maiale, coniglio, pollo, manzo e faraona. Rosolateli in un tegame piuttosto ampio a fiamma viva senza aggiungere olio.
Fate un battuto di odori con anche peperoncino rosso (a piacere, se gradito) e aggiungere il composto alla carne lasciandolo appassire. Sfumate poi con del vino rosso e fate evaporare per circa venti minuti. Ritirato il liquido di cottura mettete i pomodori tagliati. Lasciate di nuovo ritirare e poi cominciate ad aggiungere il fondo già preparato. Fate cuocere molto lentamente per circa 3-4 ore o comunque fin tanto che la carne non si staccherà dall’osso senza l’utilizzo del coltello.
Si consiglia di accorpare questo piatto tradizionale, con un vino rosso della Toscana, come un Suvereto Merlot Docg.
Buon Appetito!
4. L’ABBUCCIATO
Fonte della foto: formaggio.it
L’abbucciato aretino è un pecorino a latte crudo della provincia di Arezzo. Il nome deriva dalla caratteristica scorza che, con la stagionatura, lascia un’unghia scura su tutto il bordo della fetta.
Le sue origini sono molto antiche: già nel XI secolo testi camaldolesi ne segnalano la diffusione tra i monaci dell’eremo casentinese.
La crosta si presenta pulita e la pasta ha un colore che passa da bianco latte a giallo paglierino e una tipica occhiatura. La mancata pastorizzazione del latte permette una persistenza delle qualità organolettiche originarie e dei profumi delle erbe del pascolo.In bocca la struttura è morbida, elastica e solubile. Il gusto è dolce con finale amaro e pungente.
Le sensazioni retronasali sono di latte e foglia secca. La tecnica di produzione prevede il riscaldamento del latte a una temperatura di 36°C con l’aggiunta di caglio animale. Quando la cagliata è pronta, si pratica una rottura fine. Dopo un breve periodo di riposo la massa è estratta e versata nelle fuscelle. Il pecorino è quindi salato e fatto stagionare in idonei locali per almeno trenta giorni. Il formaggio matura su tavole di abete per un paio di giorni dopodiché è messo in cella a 12°C per la stagionatura. L’abbucciato aretino durante la stagionatura è capovolto due volte al giorno e spazzolato ogni tre giorni. La vendita può essere effettuata dopo almeno trenta giorni di stagionatura se fresco, e dopo sessanta giorni se stagionato.Le forme raggiungono un peso variabile da 1,2 a 2 Kg con uno scalzo generalmente basso di 6/8 cm. Prima di essere venduto l’abbucciato aretino è sottoposto al controllo e all’apposizione del marchio di tutela legato al consorzio. Nonostante nel 2006 la provincia di Arezzo abbia deciso di investire sul recupero di questo prodotto, oggi i produttori che si attengono al disciplinare sono pochi.
Buon Appetito!
5. I FEGATELLI
Fonte della foto: alfuoco.eu
Le interiora sono ingredienti diffusi un po’ ovunque in tutta Italia.
Come conferma il De Re Coquinaria, trattato attribuito al gastronomo romano Marco Gavio Apicio, in cui si parla di pezzi di fegato di maiale marinati, pepati ed avvolti nella rete assieme a due bacche di alloro, quindi cotti sulle braci. Ne parla anche Maestro Martino da Como, il più importante cuoco europeo del XV secolo, autore del Libro de Arte Coquinaria. La ricetta qui citata non differisce molto da quella dell’Antica Roma: pezzi di fegato di maiale vengono salati e ricoperti di spezie ed erbe aromatiche, poi avvolti nella rete e cotti sullo spiedo.
Involtare il fegato nella rete e poi immergerlo in vasi di strutto era il metodo più antico per conservarli in assenza di frigorifero
In passato i “pezzi nobili” di carne per la maggior parte della popolazione erano decisamente fuori budget, quindi le persone più povere consumavano principalmente gli scarti della macellazione che non trovavano impiego nelle cucine dei ricchi, ma che in campagna e nelle case più umili venivano sempre conservate, spesso con tecniche assai ingegnose.
Dal momento che del maiale non si buttava via nulla e che il fegato in particolare era l’unico pezzo che non poteva essere conservato a lungo senza previa cottura, era usanza delle famiglie toscane, avvolgere i fegatelli di maiale nella rete peritoneale dell’animale ed infilarli dentro vasi colmi di strutto per estrarli solo al momento della cottura.
A differenza della più nota ricetta fiorentina, ad Arezzo si era soliti usare il finocchio selvatico al posto dell’alloro. Prima di involtarle nella rete, le palline di fegato venivano salate, pepate e spolverate col finocchio, quindi la rete veniva fermata con uno stecco di finocchio selvatico per conferire un sapore del tutto particolare in cottura nonché per agevolarne la non facile digestione, sfruttando le proprietà naturali di questa pianta.
I fegatelli: del maiale non si butta via nulla!
Difficoltà: Bassa
Costo: Medio
Metodo di cottura: Forno
Tempo di preparazione: 15 minuti
Tempo cottura: 30 minuti
Porzioni: 4 persone
INGREDIENTI:
Per il fondo:
- Fegato di maiale 500 g
- Rete di maiale 100 g
- Semi di finocchi q.b.
- Alloro q.b.
- Sale q.b.
- Pepe nero q.b.
LA PREPARAZIONE:
Mettete in ammollo la rete di maiale in una ciotola colma di acqua e aceto bianco in pari quantità.
Pulite il fegato delle nervature ed affettatelo in fette di 1 cm di spessore.
Distribuite i semi di finocchio su ciascuna fetta.
Arrotolate ciascuna fetta e chiudetela nella retina insieme ad una foglia di alloro.
Infilzare tre o quattro fegatelli in ciascuno spiedino ed adagiateli in una teglia foderata di carta forno; salateli e pepateli adeguatamente.
Infornate a 180°C per circa 20 minuti.
Una volta cotti, servite i fegatelli con del pane tostato e bruschettato.
Buon Appetito!
6. IL BALDINO
Fonte della foto: cookpad.com
Il Baldino, anche noto come il castagnaccio toscano è un dolce dall’origini antiche tipico delle zone di Arezzo, grazie alla grande presenza di castagneti sui colli intorno alla città.
La castagna dunque ne è l’elemento principale, è un prodotto molto diffuso e spontaneo presente in tutta Italia, soprattutto nelle regioni dell’appenino tosco-emiliano, tendenzialmente nelle zone più montane, in cui i castagni abbondano.
Il dolce che ne deriva non vanta una patria precisa e una ricetta definitiva ed esclusiva; poiché la sua origine si perde nella notte dei tempi ma pare che i Toscani, da sempre grandi amanti dei dolci, nel 1800 esportarono il castagnaccio nei mercati dell’Italia settentrionale in due diverse versioni: la prima prevedeva l’uso, per la cottura, di una bassa e grossa teglia in cui una volta cotto, l’impasto formava una spessa coltre screpolata sulla superficie, l’altra veniva invece fatta in tondini quasi monoporzioni, molto sottili adatti ad ottenere una sorta di frittelle molto schiacciate. Si trattava di un dolce rustico, nato come pane dei poveri, semplice ma molto nutriente e gustoso e da quel momento, da prelibato cibo di strada, pur di origini umili, conobbe una grande diffusione in tutte le case del nostro territorio.
Negli anni, per rendere più gustosa la ricetta originaria, sono stati aggiunti altri ingredienti come uvette, pinoli, rosmarino, scorza d’arancia e soprattutto lo zucchero che nel tempo ha completamente sostituito il miele, utilizzato nell’impasto originario.
Il Baldino: il profumo dell’autunno!
Difficoltà: Facile
Costo: Basso
Metodo di cottura: Forno
Tempo di preparazione: 15 minuti
Tempo cottura: 30 minuti
Porzioni: 12 fette
INGREDIENTI:
- 50 ml Acqua (temperatura ambiente)
- 500 g farina di castagne senza glutine
- 80 g pinoli (+ q.b. per decorazione)
- 40 g Uvetta
- 1 bicchiere d’acqua (calda)
- 5 cucchiai olio extravergine d’oliva
- 3 pizzichi Sale fino
- q.b.Rosmarino
LA PREPARAZIONE:
Per preparare il castagnaccio toscano o baldino per prima cosa, in una ciotola piccola versate poca acqua calda precedentemente scaldata e mettete in ammollo l’uvetta.
Prendete poi una ciotola più grande, versate la farina di castagne e poco alla volta aggiungete l’acqua a temperatura ambiente, mescolando con una frusta, fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo.
Aggiungete alla farina di castagne il sale fino, i pinoli, l’olio extravergine d’oliva e l’uvetta ammorbidita e ben strizzata, di questa una piccola parte tenetela per la decorazione finale.
Mescolate ulteriormente e versate il castagnaccio in una teglia rotonda antiaderente, guarnite con qualche ago di rosmarino, l’uvetta rimasta e qualche pinolo.
Infornate il castagnaccio toscano in forno preriscaldato a 200 gradi e cuocetelo in modalità statica per 30 minuti.
Terminata la cottura, fatelo raffreddare per diversi minuti nel forno con lo sportello leggermente aperto.
Buon Appetito!
7. I BRINGOLI al SUGO FINTO di Anghiari
Fonte della foto: vanityfair.it
Il piatto è una delle ricette più antiche e rappresentative della Valtiberina e, di Anghiari dove ogni anno viene organizzata una sagra dei bringoli
Per chi non li conoscesse ancora i bringoli sono degli spaghettoni, fatti con acqua e farina, che assomigliano vagamente nell’aspetto ai pici. Rispetto ai mici senesi questi spaghetti grossi sono più “ruspanti” e più buoni (almeno secondo quanto dicono gli aretini!).
I bringoli conditi con il sugo finto sono uno dei piatti tipici della tradizione gastronomica di Anghiari e provincia.
Le origini di questa pietanza sono da ricercare nella tradizione contadina visto che gli ingredienti sono decisamente economici e facili da reperire.
Questo piatto che celebrata la bontà della cucina toscana e le sue antiche tradizioni è adatto anche per i vegetariani e i vegani.
Una ricetta mantiene il carattere e la rusticità di una terra che ha dato i natali al prode Baldaccio Bruni o Baldaccio d’Anghiari, condottiero e stratega ricordato anche da Niccolò Machiavelli.
I Bringoli: Tradizione e no cruelty food!
Difficoltà: Facile
Costo: Basso
Metodo di cottura: Forno
Tempo di preparazione: 60 minuti
Tempo cottura: 50 minuti
Porzioni: 4 persone
INGREDIENTI:
- 300 g Farina 00
- q.b. Acqua
- 600 g pelati (o passata di pomodoro)
- 1 cipolla rossa
- q.b. carota
- q.b. Sedano
- 1 spicchio Aglio
- 1 bicchiere Vino rosso
- q.b. Olio extravergine d’oliva
- q.b. Pepe nero
- q.b. Sale
LA PREPARAZIONE:
Per il finto sugo fare un battuto con gli odori, rosolare nell’olio e quando il trito sarà appena colorito sfumare col vino rosso. Appena il vino sarà evaporato aggiungere i pelati o la passata, aggiustare di sale, aggiungere del pepe nero e cuocere per altri 40 minuti.
Mentre il sugo cuoce preparare i bringoli: impastare la farina con l’acqua e fare una palla che farete riposare 10 minuti. Stendere la pasta molto spessa, circa 5 mm e tagliarla a striscioline. Con le mani rotolare le strisce sulla spianatoia, che deve essere priva di farina, in modo da allungarle e dare la forma di uno spaghettone.
Lessare i bringoli per 3-4 minuti in acqua salata e saltare nella padella del condimento. Servire con Grana o Parmigiano.
Buon Appetito!
8. I GRIFI all’Aretina
Fonte della foto: italyze.me
I grifi in soldoni sono le parti magre e callose del musetto del vitello.
Nella tradizione contadina aretina queste parti “meno nobili” dell’animale venivano sfruttate al meglio per realizzare un gustosissimo secondo piatto, arricchito con odori dell’orto e pomodoro.
Era raro che in passato le famiglie contadine di queste zone possedessero un elevato numero di vitelli da carne e difficilmente si trattava di esemplari di razza Chianina. Erano bestie magre, forti, imponenti e per questo assai adatte al lavoro nei campi.
Una volta macellato il vitello, le parti del muso venivano ripulite di quelle più grasse e tagliate in pezzetti quindi venivano messe a stufare in un tegame con un bicchiere di acqua, vino bianco e gli odori dell’orto.
I grifi erano considerati una prelibatezza all’epoca, un piatto nutriente e gustoso. Necessitano di una cottura lenta, a fuoco leggero, per mantenere un consistenza morbidissima.
I Grifi: un piatto poco aesthetic, ma gustosissimo!
Difficoltà: Facile
Costo: Basso
Metodo di cottura: Fornello
Tempo di preparazione: 30 minuti
Tempo cottura: 120 minuti
Porzioni: 6 persone
INGREDIENTI:
- 500 g carne bovina (GRIFI LESSATI)
- 300 g cipolla
- 150 g sedano
- 150 g carota
- 400 g pomodori pelati
- 1/2 l brodo vegetale
- 1 ciuffo di prezzemolo
- 2 foglie di salvia
- q.b.rosmarino
- 1 foglia di alloro
- q.b.timo
- peperoncino (a piacere)
- q.b.aceto (o vino rosso)
LA PREPARAZIONE:
Cominciate col battuto degli odori: tritate cipolla, sedano, carota, prezzemolo, salvia, e qualche fogliolina di timo e mettetelo al fuoco con 4 cucchiai d’olio nel tegame dove cucinerete i grifi. Aggiungete anche il peperoncino nella misura che volete, qualche ago di rosmarino e la foglia di alloro. Fate andare a fuoco dolce per 30 minuti, rimestando spesso e stando attenti che nulla si bruci.
Nel frattempo mondate i grifi con un coltello non grande e ben affilato. Eliminate gli ammassi di grasso e qualche pelo se ne vedete. Tagliateli a pezzetti ma non troppo piccoli, perché ci sarà una forte diminuzione del volume nella cottura. Una volta finito, passateli in un colapasta e lavateli bene sotto l’acqua calda, poi irrorateli di aceto o vino rosso. Aspettate qualche minuto e infine lavateli ancora sotto l’acqua calda.
Quando avrete stufato gli odori per 30 minuti, aggiungete i pelati. Mischiate bene sfacendoli col cucchiaio di legno, poi cuocete ancora 15 minuti sempre a fuoco dolce e a tegame coperto quasi del tutto. Mettete nel tegame i grifi scolati, bagnate con un mestolo di brodo caldo, coprite quasi del tutto e cuocete a fuoco dolce per altri 50-60 minuti. Rimestate spesso e se necessario bagnate con poco brodo.
Dieci minuti prima della fine cominciate a salare ma state leggeri, perché il tocco finale lo darete a cottura finita. Il piatto finito deve essere piccante, denso e ricco di sugo, quindi se necessario bagnate con qualche cucchiaio di brodo caldo. Vanno serviti a bollore.
Si conservano per 3 giorni tenuti in frigorifero in un recipiente chiuso o protetti con pellicola da alimenti. Prima di essere consumati vanno bagnati con poco brodo o acqua e riscaldati dolcemente, fino a che l’ammasso che avranno fatto, dovuto al collagene che contengono, non si sarà sciolto. Andranno poi fatti bollire di nuovo e brevemente, regolando la densità del sugo di fondo prima di servirli.
Buon Appetito!
9. MINESTRA DI PANE ALL’ARETINA
Fonte della foto: buonissimo.it
La minestra di pane all’aretina è un classico della tradizione contadina toscana. Con l’arrivo della stagione giusta per il raccolto del cavolo nero e l’abbassamento stagionale sulle temperature, questa zuppa molto simile alla ribollita viene preparata con ingredienti semplici, economici e di facile reperibilità come la verza, i fagioli cannellini e il pane raffermo avanzato.
Come ultimo tocco questa buonissima e particolare zuppa viene ripassata in forno fino a formare una crosticina croccante.
La Minestra di Pane: un’antico comfort food invernale!
Difficoltà: Media
Costo: Basso
Metodo di cottura: Forno e fornelli
Tempo di preparazione: 1 Giorno
Tempo cottura: 1 ora e 20 minuti
Porzioni: 8 persone
INGREDIENTI:
Per il battuto:
- 2 Carote
- 2 ciuffi di Cipolle
- 1 ciuffoPrezzemolo
- 1 Sedano
- Per la minestra:
- 500 gCavolo nero (da pulire)
- 1 Verza
- 1 Carote
- q.b.Passata di pomodoro
- 350 gFagioli cannellini
- q.b.Pane (raffermo)
- q.b.Sale (fino)
- q.b.Olio extravergine d’oliva
- q.b.Pancetta (trancio da tagliare)
- q.b.Pepe nero (in polvere)
- 1 Patata grande
LA PREPARAZIONE:
Per prima cosa la sera precedente alla preparazione della minestra di pane, mettere in ammollo i fagioli cannellini.
La mattina seguente cuocere i fagioli in abbondante acqua non salata.
Il brodo dei fagioli va conservato, servirà successivamente per far cuocere le verdure della minestra di pane.
Pulire il cavolo nero liberandolo della parte centrale, la costola dura, e lavarlo bene.
Preparare un battuto con cipolla, sedano, carota e prezzemolo e cuocere in abbondante olio extravergine d’oliva in una pentola ampia e alta a fuoco basso.
Nel frattempo tagliare una parte di pancetta a cubetti grossi da aggiungere al battuto appena inizierà ad assumere un colore dorato, continuando a mescolare sul fuoco basso.
Pulire accuratamente la verza togliendo la parte dura e centrale , lavare e tagliare grossolanamente. Aggiungere la verza alla pentola con il soffritto e mescolare.
Scolare il cavolo nero, tamponarlo appena con della carta da cucina e tagliarlo grossolanamente. Aggiungere anche il cavolo nero agli altri ingredienti.
Lavare e pelare una carota e una patata grande, tagliare anche queste grossolanamente uniamole alla pentola.
A questo punto, aggiungere un po’ di passata di pomodoro a pezzettoni e il brodo dei fagioli. Mescolare alzando appena la fiamma.
Unire metà dei fagioli e un po’ del loro brodo per frullarli nel bicchiere del mixer ad immersione.
Aggiungere la crema di fagioli nella pentola e mescolare bene. Lasciare che la zuppa cuocia per almeno un’ora aggiungendo all’occorrenza il brodo di fagioli.
La minestra che ne risulterà dovrà essere piuttosto brodosa e con tutte le verdure ben cotte. Come ultimo ingrediente da aggiungere nella pentola i restanti fagioli cannellini interi . Salare e pepare a piacere.
in ultimo prendere una teglia da forno con sul fondo un primo strato di fette, o pezzi di pane raffermo tagliato.
Con l’aiuto di un mestolo distribuire la zuppa di verdure sul pane in modo omogeneo.
continuare con un altro strato di pane e zuppa e così via fino a terminare il pane e la zuppa.
Se il risultato vi sembra troppo sodo aggiungere ulteriore brodo.
In questo modo il pane si impregnerà di tutti i sapori della zuppa ammorbidendosi. Infornare a 200° a forno già caldo per almeno 15 minuti.
Una volta formatasi una bella crosticina, sfornare e servire con un mestolo la minestra di pane ricetta Toscana ben calda.
A piacere si può condire nuovamente con olio extravergine di oliva a crudo e una spolverata di pepe nero!
Buon Appetito!
10. Il GATTO’ all’Aretina
Fonte della foto: giallozafferano.it
Le sue origini, come si può facilmente intuire dal nome, risalgono all’epoca della dominazione francese ad Arezzo (gâteau in francese significa proprio dolce) anche se, alcuni sostengono forse erroneamente che in realtà sia nato in Umbria.
Il gattò è sostanzialmente un salame dolce che da secoli costituisce uno dei caposaldi della cucina locale.
Il gattò è il principe delle occasioni importanti, delle cene solenni, delle date da ricordare. Una combinazione equilibrata di dolcezza e sapore che rendere inutile ogni altro dolce. Chi nell’album di famiglia non ha foto ricordo con bottiglie di spumante affiancate da questo dolce rotolo sicuramente non è nato in provincia di Arezzo.
Il Gattò all’arentina: il dolce delle grandi occasioni!
Difficoltà: Bassa
Costo: Basso
Metodo di cottura: Forno
Tempo di preparazione: 45 minuti
Tempo cottura: 8 minuti
Porzioni: 12 fette
INGREDIENTI:
Per la base:
- 4 Uova (medio-grandi)
- 120 g Zucchero
- 120 g Farina 00
- Scorza di limone (grattata)
- 1 pizzico Sale
- Scorza di limone (grattata)
Per le creme:
- 750 g Latte
- 170 g Zucchero
- 5 Tuorli
- 75 g Amido di mais (maizena)
- 50 g Cioccolato fondente al 60%
- q.b.Alchermes
- q.b.Acqua
- q.b.Zucchero a velo
LA PREPARAZIONE:
Iniziate preparando la pasta biscotto: montare le uova, lo zucchero e la buccia del limone con le fruste elettriche fino a quando non diventano belle spumose e chiare ( ricordatevi che le uova devono essere a temperatura ambiente altrimenti non monteranno bene), aggiungete la farina setacciata e il pizzico di sale in 2 volte, mescolate con una paletta dal basso verso l’alto per non smontare il composto e versate in uno stampo rettangolare foderato da carta per dolci di circa 30 cm x 40. Infornate a 200° per circa 7-8 minuti. appena uscita dal forno, capovolgete la nostra pasta biscotto su un canovaccio pulito, attendete giusto 2 minuti e togliete la carta con molta delicatezza, poi arrotolate il rettangolo di pasta aiutandovi con il canovaccio e lasciatelo così, racchiuso al suo interno, fino al totale raffreddamento.
Intanto preparate la crema pasticcera: in un pentolino portate a bollore il latte con la buccia del limone intera, in una ciotola sbattete i tuorli con lo zucchero, unite quindi l’amido, mescolate e versate sul latte bollente, mescolando con una frusta per 3-4 minuti, fino a quando non si sarà addensata. Dividete la crema in 2 parti e ad una parte unite il fondente tritato, mescolando fino a farlo sciogliere completamente, avrete così ottenuto la vostra crema al cioccolato.
Adesso bagnate la pasta biscotto con Alchermes e acqua (o in parti uguali oppure a vostro gusto, io ad esempio metto più liquore perché mi piace che si senta il suo sapore e se ne veda il bel colore cremisi), poi spalmate per metà nel senso della lunghezza di crema pasticcera e per l’altra metà di crema al cioccolato, arrotolatelo, sistematelo in un piatto da portata con la chiusura sotto e spolveratelo di zucchero a velo.
Buon Appetito!
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A PRESTO!