Il riso carnaroli è forse la varietà principe per la preparazione di risotti, grana grossa, perlata con la caratteristica di scuocere meno degli altri risi.
La storia del riso è antica quanto quella del mondo. Su questo cereale esistono varie tradizioni non solo riguardanti l’aspetto alimentare, ma anche gli aspetti religiosi, filosofici.
A dire il vero, la parola riso, ad esempio, deriva delle lingue orientali con diverse conseguenze fonetiche.
Sembra certo che circa due dozzine di specie siano state distinte dalle specie originarie di quest’erba. Oggi solo due di loro hanno una certa rilevanza ai fini alimentari: Oryza sativa, originaria dell’Asia, e Oryza, originaria dell’Africa.
La prima testimonianza della coltivazione del riso in Italia risale al 1468 a Firenze. Sotto i Medici un signore di nome Leonardo Colto dei Colti fece domanda per la coltivazione del riso, con un tono che suggeriva che la coltivazione del grano fosse già nota. Tuttavia, gli storici tendono a privilegiare le origini “milanesi”. Alla fine del 1400 la coltura del riso si diffuse nell’Italia settentrionale, in Lombardia e in Piemonte per la precisione, in quella che oggi è il Vercellese, dove sorsero le prime risaie.
Furono coltivati da Ludovico il Moro e dal fratello Galeazzo Sforza, che vollero approfittare delle frequenti esondazioni del fiume Po per coltivare il raccolto. Nella Bassa milanese attuarono un importante programma di bonifica delle paludi e avviarono una politica agricola per questo cereale; da quel momento non fu più considerato una spezia esotica, ma una parte importante del progetto di produzione agroalimentare nazionale.
Nel XVI secolo il riso, insieme al mais importato più recentemente dalle Americhe, è entrato nella nuova categoria di alimenti utilizzati per alleviare la fame tra i contadini. È a causa di questa immagine povera del cibo che il riso non ricevette un’attenzione particolare nei ricettari della corte del XVI secolo.
Durante il XVII secolo, la coltivazione del riso subì un degrado, principalmente a causa di controversie igienico-sanitarie.
I medici accusarono il grano di trasportare la malaria (i veri colpevoli erano le zanzare infestate dalle paludi), così i contadini furono costretti a mantenere le loro risaie a sei miglia dal centro abitato e se non avessero rispettato questa norma sarebbero stati puniti e incarcerati. Il riso tornò ad essere popolare nel XVIII secolo, conquistando per la prima volta nuove aree di coltivazione in risposta a gravi difficoltà alimentari generalizzate.
Nell’Ottocento il governo piemontese e il conte di Cavour promossero la ricerca per la realizzazione di una rete di canali nel vercellese, tanto che negli ultimi decenni del secolo fu aperta una rete di canali intitolata al conte di Cavour.