Olio, aglio e acciughe: sono questi gli ingredienti di base della bagna cauda (nota anche come “bagna caoda”), uno dei simboli della cucina piemontese.
Questa salsa, infatti, è il condimento ideale per le verdure, tanto che si parla non a caso di una variante calda del pinzimonio tipico delle stagioni primaverile ed estiva. La sua storia affonda le radici nel periodo medievale e merita di essere approfondita e conosciuta, anche perché non si sta parlando di una semplice salsa, ma di un vero e proprio rito. Il Medioevo è l’epoca in cui questo condimento venne introdotto per la prima volta.
Si tratta di un’usanza dei contadini piemontesi che avevano bisogno di mettersi al riparo dal freddo invernale: le principali testimonianze localizzano la nascita della bagna cauda nelle zone di Asti, del Monferrato e delle Langhe, proprio nei luoghi in cui i proprietari delle vigne erano soliti festeggiare i vini nuovi con le verdure e questa salsa calda, un vero e proprio piatto povero.
Al contrario, i ceti più nobili non amavano particolarmente la ricetta, a causa della presenza eccessiva di aglio. Sono passati molti secoli da quegli anni, ma ancora oggi si usa consumare il condimento seduti attorno alla tavola, con un contenitore di terracotta che mantiene alta la temperatura.
A questo punto potrebbe sorgere dubbio. Come è possibile che una delle ricette principali del Piemonte sia a base di acciughe, visto che la regione è priva di sbocchi sul mare?
La spiegazione è semplice.
Nel Medioevo nella regione settentrionale non erano ovviamente presenti pescatori, ma gli acciugai sì, visto che il sale costava parecchio e dalle montagne si percorrevano le strade che conducevano fino alla Liguria per acquistarlo a prezzi più bassi. Il sale veniva poi nascosto all’interno di barili e coperto dalle acciughe.
Il pesce era poi rivenduto a tariffe molto competitive: il contatto con il sale le rendeva più saporite, oltre a prolungare la conservazione.