2- ALESSANDRIA – BTALY on TOUR: i piatti della tradizione Alessandrina

ALESSANDRIA-CITTA'

Btaly On Tour : La cucina Alessandrina 

Un mix, se così si può dire, tra la tradizione ligure e quella piemontese, con qualche influenza provenzale, caratterizzano la cucina tradizionale di Alessandria, rendendo onore alla singolarità di un luogo che gode di una posizione geografica unica.

Sapori tipici della cultura piemontese si incontrano con altre tradizioni gastronomiche e, tra storia e leggende, si fondono in nuovi sapori che raccontano il territorio e la sua comunità.

 Btaly On tour vuole dare l’opportunità di far conoscere alle persone che visitano questa straordinaria provincia le ricette e i piatti tipici che si tramandano di generazione in generazione.

ECCO COSA MANGIARE AD ALESSANDRIA E PROVINCIA!

  1. L’AGLIATA VERDE MONFERRINA:

agliata-verde-monferrina

fonte della foto: piemontetopnews

L’agliata verde monferrina è un tipico antipasto della tradizione piemontese, nello specifico lo possiamo posizionare sulle colline del Monferrato. Ci sono varie ricette di questo piatto tipico, la principale prevede l’utilizzo di prezzemolo, basilico, sedano formaggio ed ovviamente l’aglio.

L’origine della ricetta è molto antica! Ci sono delle fonti che addirittura risalgono al periodo medievale.

E’ un piatto molto povero infatti era principalmente consumato dai contadini come condimento o conservante per alimenti anche grazie alla semplicità e al basso costo degli ingredienti.

Oggi viene soprattutto usata come aperitivo. La crema può essere servita sulla tavola, spalmata su crostini croccanti, oppure raccolta in ciotoline e gustata con dei grissini. Ma è anche un ottimo condimento per la pasta o un’aggiunta originale per accompagnare il pesce d’acqua dolce.

La ricetta autentica prevedeva l’utilizzo di aglio pestato nel mortaio, con l’aggiunta di altre erbe aromatiche di volta in volta.

La ricetta originale è stata negli anni rielaborata ed è stato aggiunto del formaggio, che lo rende più pesante ma decisamente più appetitoso. Il formaggio utilizzato era la toma o robiola, due formaggi freschi piemontesi. La toma è un formaggio (si trova nella zona di Alessandria ma anche comune in tutto il Piemonte) dolce che diventa piccante con la stagionatura. La robiola è disponibile in commercio, ed è leggermente più grassa e più saporita della toma. Quando si fa l’agliata del Monferrato, usare l’uno o l’altro formaggio è una questione di gusto personale.

L’Agliata verde Monferrina: una salsa dal sapore storico!

Cottura: nessuna Costo: Basso
Tempo totale: 15 min Porzioni: 6 Porzioni

       Ingredienti

  • 200 grammi di Robioletta o Toma delle Langhe, ancora fresche e morbide
  • 25 grammi di prezzemolo (foglie e gambi)
  • 10 foglie di cuore di sedano
  • 5 foglie di basilico
  • mezzo limone
  • 2 spicchi di aglio
  • sale e pepe
  • olio extravergine di oliva q.b.

 

LA PREPARAZIONE: 

Il primo step per realizzare questo piatto è pulire il prezzemolo ed il sedano, poi è necessario inserirli nel mortaio insieme al basilico. 

Successivamente, aggiungere nel mortaio l’aglio e pestare tutto il mix fino a quando la consistenza risulta omogenea.

A questo punto, si possono mettere i vari condimenti: sale, pepe, un cucchiaio di succo di limone e un filo d’olio rigorosamente extra vergine di oliva!  

L’ultimo passo per completare la ricetta è l’aggiunta del formaggio nella ciotola con il composto di verdure fatto precedentemente nel mortaio, bisogna mescolare energicamente con un cucchiaio fino a quando tutti gli ingredienti saranno ben amalgamati. L’impasto sarà pronto quando avrà un aspetto di una crema di colore verde luccicante.

 

2. LA BAGNA CAUDA:

BAGNA-CAUDA

fonte della foto: cibovagare

Olio, aglio e acciughe: sono questi gli ingredienti di base della bagna cauda (nota anche come “bagna caoda”), uno dei simboli della cucina piemontese.

Questa salsa, infatti, è il condimento ideale per le verdure, tanto che si parla non a caso di una variante calda del pinzimonio tipico delle stagioni primaverile ed estiva. La sua storia affonda le radici nel periodo medievale e merita di essere approfondita e conosciuta, anche perché non si sta parlando di una semplice salsa, ma di un vero e proprio rito. Il Medioevo è l’epoca in cui questo condimento venne introdotto per la prima volta.

Si tratta di un’usanza dei contadini piemontesi che avevano bisogno di mettersi al riparo dal freddo invernale: le principali testimonianze localizzano la nascita della bagna cauda nelle zone di Alessandria, Asti, del Monferrato e delle Langhe, proprio nei luoghi in cui i proprietari delle vigne erano soliti festeggiare i vini nuovi con le verdure e questa salsa calda, un vero e proprio piatto povero.

Al contrario, i ceti più nobili non amavano particolarmente la ricetta, a causa della presenza eccessiva di aglio. Sono passati molti secoli da quegli anni, ma ancora oggi si usa consumare il condimento seduti attorno alla tavola, con un contenitore di terracotta che mantiene alta la temperatura.

A questo punto potrebbe sorgere dubbio.

Come è possibile che una delle ricette principali del Piemonte sia a base di acciughe, visto che la regione è priva di sbocchi sul mare?

La spiegazione è semplice.

Nel Medioevo nella regione settentrionale non erano ovviamente presenti pescatori, ma gli acciugai sì, visto che il sale costava parecchio e dalle montagne si percorrevano le strade che conducevano fino alla Liguria per acquistarlo a prezzi più bassi. Il sale veniva poi nascosto all’interno di barili e coperto dalle acciughe.

Il pesce era poi rivenduto a tariffe molto competitive: il contatto con il sale le rendeva più saporite, oltre a prolungare la conservazione.

La Bagna Cauda: dagli acciugai alla tavola!

Cottura: 45 min Costo: Medio
Tempo totale: 3 h 30 min Porzioni: 4 Porzioni

         Ingredienti

  • 4 teste d’aglio
  • 100 g di acciughe sotto sale
  • un bicchiere di vino rosso
  • 150 g di olio extravergine d’oliva
  • verdura di stagione a piacimento

LA PREPARAZIONE: 

Per realizzare questo famoso piatto tipico piemontese per prima cosa bisogna sbucciare le teste d’aglio, togliendo ciascuno spicchio dalla sua camicia e privandoli del germoglio. 

Dopo aver terminato la pulizia dell’aglio si può iniziare ad occuparsi della dissalatura delle acciughe. Per fare questo procedimento è necessario mettere le acciughe in una ciotola, coprirle con acqua fredda e lasciarle lì in ammollo per almeno due ore cercando di cambiare almeno due volte l’acqua per eliminare il sale. Questa operazione è molto importante e delicata perché se viene eseguita in modo sbagliato le acciughe rischiano di sfaldarsi. Quando le acciughe si saranno addolcite,bisogna scolarle.

Successivamente, aprire le acciughe per pulirle in modo da estrarre le interiora e la lisca centrale

Appena terminata la fase precedente si può iniziare a rivestire un vassoio o una teglia con della carta assorbente e poi disporci i filetti aperti.

Trasferite le acciughe nella teglia e asciugatele con carta assorbente. Mettere l’aglio in una casseruola, versate 100 grammi di olio d’oliva e iniziare la cottura a fuoco molto basso, mescolando con un cucchiaio di legno, facendo attenzione a non farla scolorire. 

Aggiungere le acciughe e mescolare delicatamente.

Coprite con l’olio rimasto e fate sobbollire la salsa per mezz’ora, facendo attenzione a non farla friggere. Nel frattempo preparate le verdure da abbinare alla bagna caoda, avendo cura della cottura: fate rosolare le cipolle con la buccia in forno, poi tagliatele a spicchi.

Le patate vengono cotte in acqua bollente, non devono diventare troppo morbide, in modo da poter essere tagliate a spicchi. Infine arrostire la barbabietola e tagliarla come una verdura qualsiasi. Arrostire i peperoni in forno e tagliarli e ricavarne degli spicchi.

Adesso andate avanti a preparare le verdure crude: lavate i cardi, privateli delle estremità e dei filamenti esterni e tagliateli a metà nel senso della lunghezza. Tradizionalmente gli scalogni vengono lavati e bagnati nel vino, preferibilmente barbera. Una volta sciolte le acciughe, la bagna caoda  è pronta da servire in tavola preferibilmente in un tipico “fojòt”.

3. LA CARPIONATA DI ZUCCHINE :

carpionata-di-zucchine

fonte della foto: buonissimo

La carpionata di zucchine è un famoso e delizioso antipasto della tradizione piemontese presente soprattutto nella provincia di Alessandria, viene preparato con le zucchine fritte che poi vengono insaporite da un composto a base di vino, aceto, aromi e cipolle. 

Solitamente, la preparazione definita “in carpione” è utilizzata per il pesce di lago come le trote oppure per il salmone; ma è anche perfetto da abbinare ad alcuni tagli di carne o a certe verdure. Per questo motivo in Piemonte sono state provate le zucchine in carpione e da quel momento hanno scoperto che l’abbinamento funzionava. Il carpione permette di preparare questo piatto anche qualche giorno in anticipo (tenendolo in frigorifero) senza che il prodotto si deteriori. Le zucchine in carpione si conservano diversi giorni in frigo così da poterle preparare in anticipo e poi servirle con comodo. 

La Carpionata di zucchine: il carpione tutto piemontese!

Cottura: 10 min Costo: Basso
Tempo totale: 30 min Porzioni: 6 Porzioni

       Ingredienti

           PER FRIGGERE

            PER LA PASTELLA

  • Farina 00 150 g
  •  Acqua frizzante 100 ml
  •  Sale 1-2 pizzichi
  • Lievito istantaneo 1 punta di cucchiaino

 

LA PREPARAZIONE: 

Lavate le zucchine, tagliatele a listarelle e stendetele su un canovaccio pulito ad asciugare. Spolverate le zucchine con la farina e friggetele, quindi adagiatele su una carta assorbente per eliminare l’olio in eccesso.

Preparate ora il carpione. Versate l’olio d’oliva in una casseruola e aggiungete un pizzico di sale, la salvia, le foglie di menta e gli spicchi d’aglio schiacciati.

Quindi portare a ebollizione a fuoco medio e far soffriggere l’aglio leggermente fino a quando non raggiunge la classica doratura, aggiungere l’aceto e farlo evaporare. Mettere sopra le zucchine il carpione ben caldo e fate riposare.

Servire freddo in un cestino ricoperto di carta da forno.

4. L’AGNOLOT D’ALESSANDRIA:

Agnolotti-alessandria

fonte della foto:mole24

Gli agnolotti piemontesi, o più semplicemente agnolotti (agnolòt o gnolòt in dialetto piemontese), sono una specialità di pasta ripiena tradizionale della zona dell’Astesana e soprattutto del Monferrato, nelle province di Alessandria e Asti, ma diffusi in tutto il Piemonte. 

Non si hanno delle fonti precise sull’origine del nome agnolotti, una delle tradizioni popolari più famose afferma che il suo nome deriva da un cuoco proveniente dalla zona del monferrato (regione storico-geografica compreso principalmente all’interno delle province di Alessandria e Asti) di nome Angiolino che era detto Angelot.

Negli anni quindi questo piatto ha preso il nome dal cuoco che lo ha inventato e successivamente si è trasformato in agnolotti. Inoltre, oltre alla fonte più antica si parla di un’altra teoria che fa derivare il nome di questo primo piatto piemontese all’”anolot” che era un attrezzo che si utilizzava per tagliare la pasta  a forma di anello.

Secondo la tradizione la forma dovrebbe essere quadrata con il ripieno richiuso in due fogli di pasta all’uovo. A differenza delle altre paste ripiene caratteristiche di altre zone del Piemonte e della provincia di Alessandria o di altre regioni gli agnolotti si caratterizzano per la presenza di carne arrosto nel ripieno

Un tipo di agnolotti tipici soprattutto delle Langhe sono quelli che vengono comunemente chiamati al plin che sono di piccole dimensioni e hanno una forma rettangolare. La parola “plin” deriva dal dialetto piemontese e significa pizzicotto perchè appunto si deve dare un pizzicotto per chiuderli.  In provincia di Asti, adiacente alla provincia di Alessandria, e più precisamente nel comune di Calliano vengono fatti con la carne d’asino. 

Sia i classici agnolotti che i più piccoli al plin sono stati inseriti nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali (PAT) italiani, l’elenco è stilato dal ministero delle politiche agroalimentari e forestali. Possono essere serviti in vari modi, le ricette più tradizionali prevedono il condimento con: 

  • il brodo di carne,
  • burro, salvia e parmigiano,
  • il ragù di carne alla piemontese,
  • il sugo di carne arrosto,
  • nel vino (solo in alcune zone dell’Alto Monferrato e delle Langhe).

Le ricette classiche non prevedono la preparazione di un ripieno di magro piemontese: in rari casi si chiamano lo stesso ravioli; vengono chiamati ravioli anche i tortellini piemontesi realizzati con il ripieno a base di fontina.

L’agnolotto è un classico della cucina popolare piemontese: si usa infatti utilizzare gli avanzi degli arrosti dei giorni precedenti, tritati e mescolati tra loro.

Data questa origine, sarebbe inopportuno parlare di una ricetta tipica per il ripieno, perché secondo la tradizione si dovevano utilizzare gli avanzi a disposizione, infatti questa è considerata l’origine più autentica dell’agnolotto.

Questa ricetta infatti prevede non solo il riutilizzo della carne avanzata, ma anche il sugo dell’arrosto, per rispettare la tradizione contadina volta ad evitare ogni spreco.

L’Agnolotto piemotese: quando l’arrosto avanza…

Cottura: 4 min Costo: Medio
Tempo totale: 1 h 30 min Porzioni: 6 Porzioni

         Ingredienti

             Per Il Ripieno:

  • 500 Gr. Stufato Di Manzo
  • 1 Insalata Scarola
  • 150 Gr. Formaggio Parmigiano
  • Alcune  Animelle
  • 150 Gr. Salsiccia
  • 150 Gr. Salame Cotto
  • 5 Uova
  • 500 Gr. Farina

            Per La Sfoglia:

  • 3  Uova
  • 3  Tuorli D’uovo
  • 500 Gr. Farina
  • Sale

 

LA PREPARAZIONE: 

Il primo passo per realizzare questo classico piemontese è pulire e triturare la scarola, dopo è necessario unire il manzo stufato, salsiccia, salame cotto e le animelle (sbollentate precedentemente) già triturate.

Successivamente mescolare il tutto e realizzare una sfoglia di pasta sottile in modo da ritagliare delle strisce di pasta larghe circa una decina di centimetri e porre il ripieno a distanza di 1 cm. 

Infine, coprire con un’altra striscia, far aderire la pasta e separare gli agnolotti con la classica rotella. 

Servire con sugo di carne (il quale proponiamo i nostri ragù targati Btaly al cinghiale, capriolo o lepre) oppure con burro e salvia.

5. POULET ALLA MARENGO:

pollo-marengo-alessandria

fonte della foto:  Instagram chisako_felicico

Il pollo alla marengo è un secondo piatto molto gustoso della cucina tipica della provincia di Alessandria, ricco e semplice, stuzzica le papille gustative con una varietà di abbinamenti e di sapori: dal pollo ai gamberi, alle uova e per finire con i sottili aromi del vino bianco.

Oltre ad essere una ricetta molto gustosa, questo piatto ha un’origine storica e una leggenda legata al grande condottiero Napoleone Bonaparte. 

Marengo infatti è il nome della cittadina a sud di Torino dove Napoleone sconfisse gli austriaci nella famosa battaglia omonima del 14 giugno 1800. 

La leggenda narra che dopo la battaglia Napoleone, che non era abituato a mangiare prima, chiese al suo cuoco personale  Dunand di preparargli la cena, però essendo nel bel mezzo di una battaglia si trovò impreparato e poco rifornito di ingredienti. Quindi Dunand cercò nel più breve tempo possibile di reperire degli ingredienti per soddisfare il suo capo. 

Riuscì a trovare una gallina, delle uova, dei pomodori e dei gamberetti di fiume. Con questi pochi ingredienti è stato in grado di unirli in modo geniale e a creare questo secondo piatto che piacque così tanto a Napoleone che ordinò al suo chef di prepararglielo alla fine di ogni battaglia, sia perchè lo apprezzava molto e anche un po’ per scaramanzia.

Pollo alla Marengo: un secondo tanto caotico quanto buono!

Cottura: 60 min Costo: Basso
Tempo totale: 1 h 15 min Porzioni: 4 Porzioni

       Ingredienti

  • Pollo 1
  • Funghi porcini 4
  • Pane 4 fette
  • Aglio 1 spicchio
  • Vino bianco 500 ml
  • Limoni 1
  • Prezzemolo 1 ciuffo
  • Uova medie 4
  • Olio extravergine d’oliva 50 g
  • Sale fino q.b.
  • Pepe nero q.b.
  • Pomodori pelati 500 g
  • gamberi di fiume (o gamberoni comuni) 4

 

LA PREPARAZIONE: 

Il primo step per realizzare questa ricetta è la pulizia del pollo e la successiva apertura stando attenti a non frammentare le ossa.
Dopo si può iniziare a passare i pezzi di pollo tagliati nella farina, tagliare l’aglio e il prezzemolo.

E’ necessario pulire i funghi porcini e successivamente tagliarli finemente. Nel mentre si può iniziare a mettere una padella sul fuoco con un filo d’olio e aggiungendo l’aglio tritato per farlo soffriggere, aggiungere alla padella la salsa di pomodoro e i pezzi di pollo.

Quando il pollo sarà rosolato e si saranno creati su tutti i lati delle crosticine si può salare, pepare e sfumare con del vino bianco in base alle proprie preferenze. Bisogna lasciare sul fuoco moderato per circa una ventina di minuti in modo che il vino evapori completamente.

Dopodiché mettere nella padella i funghi porcini insieme al pollo e lasciare anche loro cuocere per altri 20 minuti. Mentre il pollo e i funghi stanno cuocendo si può iniziare a trattare il pesce, in primis bisogna pulirlo.
In un’altra pentola con dell’acqua si devono far bollire i gamberoni da fiume facendoli cuocere per almeno 5 minuti.
Successivamente, lasciamo scolare bene i gamberoni da fiume e successivamente unirli alla padella del pollo (se volete aggiungete un goccio di succo di limone) mescolate e pochi minuti prima di spegnere il fuoco, aggiungete il prezzemolo tritato.
Infine, preparate le uova, apritele in una padella con due cucchiaini di olio e quando saranno pronte (occhio di bue) servitele su dei crostoni di pane che accompagneranno il piatto finito.

 

6. BRASATO AL BAROLO:

Brasato_al_Barolo

fonte della foto: langhe.net

Il brasato di carne al Barolo è un piatto ricco e gustoso tipico della cucina piemontese (zona Alessandria e Langhe). Si prepara con un pezzo di manzo brasato, cioè prima rosolato, poi cotto lentamente con verdure, spezie e Barolo (consigliamo quello di Btaly in quanto è un vino che si presenta morbido, equilibrato con sensazione retro olfattive persistenti ed intense). Il lungo tempo di cottura rende la carne tenera e saporita.

Il brasato di carne al Barolo viene spesso servito con accompagnamenti delicati per contrastare il suo sapore forte: idealmente con purè di patate o un piatto di polenta morbida. Se preferite potete servire il brasato di carne con verdure di stagione, patate arrosto o carote tagliate alla julienne. Uno degli abbinamenti più quotati per il brasato è la tipica salsa piemontese “il bagnetto verde”.

La ricetta più tradizionale e storica di questo piatto è con l’aggiunta del Barolo per rendere ancora più saporito questo secondo piemontese. Infatti per ottenere il perfetto brasato ci vuole un vino molto gustoso e corposo! Il processo di preparazione è molto lungo ed include una marinatura effettuata già la sera prima, ma i risultati in questo modo sono garantiti.

Brasato al Barolo: il RE dei brasati!

Cottura: 2 h 40 min Costo: alto
Tempo totale: 3 h 15 min Porzioni: 4 Porzioni

          Ingredienti

  • 1 kg manzo cappello del prete
  • 1 bottiglia vino rosso Barolo
  • 2 carote
  • 2 coste di sedano
  • 1 cipolle bianche
  • 1 spicchio aglio
  • 1 rametto rosmarino
  • 2 foglie alloro
  • 3 chiodi di garofano
  • 4 pepe nero in grani
  • 1 stecca cannella
  • 15 g burro
  • 50 g olio extravergine di oliva
  • sale fino q.b.

 

LA PREPARAZIONE: 

Il primo passo per preparare il brasato al barolo è la marinatura della carne utilizzando i vari aromi (chiodi di garofano, pepe, cannella, rosmarino, foglie d’alloro). 

Dopo, si può procedere con la tritatura del sedano, delle carote e delle cipolle e con la pulizia dell’aglio

In un recipiente abbastanza grande poniamo la carne, le verdure e la marinatura

Successivamente, possiamo iniziare a versare il vino (barolo) nel recipiente coprendo interamente la carne e sigilliamo con un pezzo di pellicola trasparente; dopo lasciamo marinare in frigorifero per almeno una decina di ore

Quando il tempo è trascorso possiamo scolare la carne senza buttare via il liquido rimasto nel recipiente, è necessario asciugare la carne con della carta da cucina e poi mettere sul fuoco una padella con del burro e dell’olio.  Quando la padella è bella calda e il burro è completamente sciolto possiamo mettere la carne sul fuoco e rosolarla a fuoco vivo fino a quando non si forma su tutti i lati una crosticina. Una volta pronta la crosta aggiustiamo di sale e copriamo la carne fino a metà con la sua marinatura. 

Facciamo arrivare fino all’ebollizione, chiudiamo con un coperchio ed abbassiamo il fuoco, lasciando a cuocere per circa un’oretta. Terminato il tempo giriamo il pezzo di carne e se ce ne fosse bisogno aggiungiamo ancora un po’ di marinatura che avevamo conservato precedentemente. 

Dopo, lasciamo ancora sul fuoco il brasato per un’altra oretta; quando la carne raggiunge un bel colore ambrato scuro è quasi pronta per essere servita; la lasciamo riposare per qualche minuto e la tagliamo a fette sottili e la condiamo con ancora un po’ di salsa. 

7. BACI DI DAMA:

Baci di dama

fonte della foto: BTALY.IT

I baci di dama, sono probabilmente il dolce più romantico che ci sia, si presentano con una forma tondeggiate, composti da due semisfere di biscotto alla Nocciola tonda gentile di Langa IGP, tenute insieme, come in un morbido bacio, da un goloso strato di cioccolata.

Il nome del biscotto forse deriva proprio dalla sua forma, le due metà tonde di nocciola e farina ricordano le labbra di una fanciulla, nell’atto di dare un bacio.

Sulla nascita di questo dolce ci sono varie leggende, tra cui la più accreditata sembra essere quella che ne attribuisce la paternità ai pasticceri di casa Savoia. Il bacio nasce nel 1852 proprio su esplicita richiesta di Vittorio Emanuele II, il re infatti, forse stufo dei soliti dolci, chiede ai sui fidati cuochi di corte di preparagli qualcosa di nuovo e diverso dai tradizionali dolci serviti a palazzo, ed è cosi che nasce questo meraviglioso biscotto al cioccolato.

Secondo altre storie e leggende invece, il bacio sempre legato alla tradizione dolciaria piemontese, sembra essere originario non di Torino, ma di Tortona, comune della provincia di Alessandria, dove però originariamente veniva realizzato con le mandorle invece che le nocciole.

I baci di Dama: un dolce romantico

Cottura: 12 min Costo: Medio-alto
Tempo totale: 3 h 30 min Porzioni: 40 Baci di Dama

       Ingredienti per 40 Baci di dama

  • 150 gr nocciole tostate (o mandorle)
  • 150 gr burro
  • 150 gr zucchero a velo
  • 1 uovo
  • 250 gr farina 00
  • 1 presa sale
  • 120 gr cioccolato fondente per farcire

 

LA PREPARAZIONE: 

Il primo step per preparare i baci di dama è fare la frolla. In un recipiente abbastanza grande versate il burro a cubi e dello zucchero. Fate cuocere per alcuni secondi a bassa temperatura e poi aggiungete la farina di nocciole tostate e mettete di nuovo in funzione la planetaria. Mettete l’albume delle uova in un contenitore e aggiungete un pizzico di sale. 

Successivamente, versate tutto nell’impasto cercando di amalgamare per bene, aggiungete ancora un po’ di farina 00 già setacciata. Mescolare cercando di ripulire i bordi con una spatola. Quando la farina sarà completamente assorbita trasferite tutto l’impasto su un piano di lavoro leggermente infarinato in modo che non si attacchi e sopra aggiungete ancora un goccio di farina.

A questo punto formate un panetto con l’impasto e mettetelo in frigorifero per circa due ore e mezza avvolto in uno strato di pellicola trasparente.  

Terminato il tempo estraete dal frigorifero e dalla pellicola l’impasto e trasferitelo nuovamente sul piano di lavoro infarinato. Stendete la pasta con il mattarello cercando di ottenere uno spessore uniforme di circa 1 cm. Dopodiché fate delle striscioline di pasta di 2 cm di lunghezza utilizzando un coltello. 

Poi tagliate la pasta anche nell’altro verso per realizzare un reticolo con strisce larghe due centimetri per far si che si creino dei cubetti di pasta che avranno una pesatura di circa 5 grammi. Utilizzando le mani cercate di rendere questi cubetti una pallina e metteteli su una teglia che poi sarà messa nel forno. 

Cuocere in forno preriscaldato per circa dodici minuti con una temperatura costante di 180°. Quando il colore dei biscotti sarà dorato potete toglierli dal forno e lasciarli a riposo per qualche minuto in modo che si intiepidiscono.

Ora si può passare alla preparazione del cioccolato, è necessario temperare il cioccolato prima di porlo sulle mezze sfere che si sono create precedentemente. Dopodiché servendosi di un conetto di carta da forno, mettere sulla metà delle sfere il cioccolato e con l’altra metà chiuderli pressando leggermente.  

Ripetere la stessa operazione per tutti i baci di dama e se il clima è estivo per farli solidificare bene prima di gustarli è consigliabile metterli in frigorifero.

8. I KRUMIRI:

Krumiri-Alessandria

fonte della foto: ricetteBimby

I krumiri sono dei tipici e gustosi biscotti della tradizione culinaria piemontese. Sono particolarmente legati al paese di Casale Monferrato, un comune della Provincia di Alessandria; perché alcune testimonianze riportano la loro creazione/scoperta a fine 1800 in quella zona.  Da allora la ricetta non è mai stata modificata ed è addirittura tutelata da un brevetto.

Sono subito riconoscibili grazie alla loro particolare forma e al retrogusto burroso che lo rende molto gustoso. 

Come abbiamo precedentemente accennato le sue origini risalgono al 1878 a Casale Monferrato. La leggenda narra che in una notte di quell’anno un pasticcere (Domenico Rossi), per ringraziare i suoi collaboratori per il lavoro svolto li invitò a casa sua e preparò questi biscotti dalla forma allungata, stretta e con una curvatura. 

Negli anni successivi questi biscotti vennero riproposti ed ebbero subito un enorme successo, questo è dimostrato dagli innumerevoli premi vinti da questo prodotto negli anni successivi (medaglia di bronzo all’Esposizione Universale di Torino, nel 1884, e dal Gran Diploma d’Onore del Re Umberto I). 

Inoltre, si dice che la classica curvatura che lo contraddistingue era stata dedicata ai baffi di Re Umberto I. Se la ricetta del krumiro, brevettata e sempre uguale dal 1878, è gelosamente custodita dalla famiglia Portinari

Gli ingredienti per realizzare questo prodotto, come la ricetta sono sempre gli stessi: uova fresche, burro, farina di grano tenero, zucchero e vanillina. 

Il resto lo fa la gestualità artigianale di chi ogni giorno lavora e impasta, nel rispetto dei metodi e dei tempi imposti dalla tradizione.

Ad esempio, quando si preparano i krumiri, le uova vengono ancora rotte a mano una ad una per mantenere al meglio l’integrità del tuorlo. Le uova stesse e il burro sono gli unici elementi aggiunti alla farina. A differenza della maggior parte degli impasti, non c’è aggiunta di acqua: questo è l’aspetto decisivo che conferisce un aroma inconfondibile e una friabilità al tatto!

I Krumiri: i biscotti a forma di “baffo”

Cottura: 15 min Costo: Basso
Tempo totale: 45 min Porzioni: 50 Krumiri

        Ingredienti

  • Farina 0 350 g
  • Zucchero a velo 100 g
  • Tuorli 3
  • Sale fino q.b.
  • Burro 200 g
  • Baccello di vaniglia 1

 

LA PREPARAZIONE: 

Il primo step per preparare i classici Krumiri è riscaldare il forno impostando una temperatura di 200°. Dopodiché, in un contenitore si può iniziare a setacciare la farina di grano tenero unendo zucchero a vela, vaniglia e un pizzico di sale.

A questo punto mescolate tutti gli ingredienti con una frustina da cucina. 

Poi, separate gli albumi delle uova dai tuorli e poneteli in contenitori diversi. I bianchi d’uovo metteteli in una pentola sul fuoco a bassa temperatura con del burro. Dopo qualche minuto unite anche i tuorli al burro fuso. 

Nel mentre iniziate ad impastare con le mani fino a quando non si ottiene un composto liscio e ben amalgamato, è necessario lasciarlo a riposare avvolto in una pellicola trasparente per circa mezz’ora. 

A questo punto, quando l’impasto è rimasto a riposarsi per mezz’oretta, riempite una sac a poche con l’impasto e ponete una bocchetta stellata per far si che il krumiro ottenga la tradizionale forma. Create dei biscotti con una lunghezza di circa 7-8 centimetri e pian piano inserite tutto l’impasto nella sac a poche fino ad esaurimento. 

Infine, infornate tutti i krumiri in forno che era stato precedentemente riscaldato per circa 15/17 minuti, quando questo tempo è terminato controllare che il colore dei biscotti sia dorato, se lo sono potete sfornarli altrimenti lasciateli ancora qualche minuto nel forno. 

Prima di gustarli, lasciateli raffreddare.

9. I LACABON:

lacabon-alessandria

fonte della foto: alessandria today

Un altro classico dolce della tradizione culinaria Alessandrina sono i lacabòn di Santa Lucia, un prodotto da forno tipico della festa patronale di Alessandria.  

I lacabon si presentano come dei piccoli bastoncini di caramello, sono realizzati con miele e zucchero e poi vengono venduti avvolti in carta oleata per pochi euro. 

E’ molto particolare che gli abitanti di Alessandria, nel giorno della festa di Santa Lucia si ritrovino nella chiesa principale della città e ai suoi lati, tutti gli anni, si piazzano due banchetti che vendono questo particolare dolce e altri dolcetti come caramelle o torrone. 

Uno degli storici produttori di questo dolce è stato Leonardo Fortino che è scomparso ad inizio 2000; lui imparò la ricetta tradizionale da suo nonno e poi da suo padre.

I lacabon di Santa Lucia sono un dolce tipico alessandrino: difficilmente infatti ne avrete sentito parlare nel resto d’Italia!

Santa Lucia è una festa molto sentita dagli alessandrini: per l’occasione, la città si veste a festa: qui luci, profumi, colori, creano l’atmosfera che ha investito le vite dei cittadini di Alessandria, dall’infanzia alla vecchiaia, e continua a farlo ormai da generazioni, anche dei più piccoli.

Un dolcetto da gustare in strada, che piace tanto a grandi e bambini.

Tanti alessandrini hanno il ricordo delle giornate di Santa Lucia, trascorse in questa piazzetta fin dalla più tenera età. Perché gli alessandrini sono così… sembrano freddi e indifferenti anche di fronte a certe meraviglie; spesso mostrano (o fingono di mostrare) menefreghismo nei confronti di importanti personaggi e in mille altre occorrenze analoghe ma quando si tratta delle tradizioni è difficile che se le lascino scivolare addosso senza prendervi parte. Santa Lucia è uno di questi momenti.” (cit. Tony Frisina)

Santa Lucia è un luogo, è una chiesetta, è un momento di vita alessandrina.

Un via vai di racconti, testimonianze, esperienze di vita che continuano a rivivere nella storia di questa città.

       10. LA FOCACCIA NOVESE:

focaccia-novese

fonte della foto: dolciterre

La Focaccia Novese è un tipico prodotto da forno della cucina piemontese (per l’appunto fatta a Novi Ligure, che nonostante possa trarre in inganno non si trova in Liguria ma in Piemonte nella provincia di Alessandria). E’ un tipo di focaccia bassa (dall’altezza di circa 1 centimetro) condita con olio extravergine di oliva e sale grosso.

La focaccia novese ha quasi certamente origine genovese, e addirittura potrebbe risalire al medioevo. Al di là della storia “ufficiale“, la focaccia rappresentava un utile  strumento per i fornai per portare gradualmente a temperatura il forno per poi dedicarsi alla cottura del pane.

Un’altra caratteristica storica e produttiva legata alla focaccia riguarda l’uso del sale: si dice che la focaccia ligure fosse in passato “bagnata” con l’acqua salata, solitamente direttamente con acqua di mare. Per la produzione di Focaccia novese, non si possedeva tale risorsa, pertanto inizialmente il sale non veniva utilizzato.

La Focaccia Novese: Fusione tra Piemonte e Liguria

Cottura: 20 min Costo: Basso
Tempo totale: 1 h 15 min Porzioni: 10 Porzioni

       Ingredienti

  • 1kg farina 00
  • 550g acqua
  • 25g lievito
  • 50g olio extravergine di oliva
  • 40g di strutto (o ancor meglio olio extravergine di oliva)
  • 20g sale

 

LA PREPARAZIONE: 

Mettere la farina in un contenitore oppure su un piano di lavoro, creare una piccola montagnetta con un foro al centro di essa e poneteci dentro il lievito, l’olio (circa 40 gammi) e versare pian piano l’acqua

Successivamente, impastare per una decina di minuti aggiungendo gradualmente il sale

E’ necessario far riposare l’impasto per una quindicina di minuti coprendolo con uno straccio. 

Con l’aiuto di un mattarello cercate di stendere l’impasto e dividetelo in quattro parti e poi lasciatelo ancora sul piano di lavoro a riposare per circa 20 minuti sempre coprendolo con uno straccio. 

A questo punto preparate la teglia da forno, mettendoci un po’ d’olio (la ricetta tradizionale non prevede l’utilizzo della carta da forno), poneteci sopra l’impasto steso e create dei piccoli alveoli a distanza di qualche centimetro. 

Lasciate ancora l’impasto a riposare sulla teglia per altri 10 minuti, terminato il tempo aggiungete un po’ di acqua e sale e spennellate con circa 50 grammi d’olio tutta la superficie. 

Infine, mentre il forno si sta riscaldando per raggiungere la temperatura corretta fate riposare per altri 30 minuti ed infornate per circa 20 minuti con una temperatura del forno di 230°.

Prima di gustarla lasciatela raffreddare qualche minuto e poi è perfetta da mangiare insieme ai salumi e formaggi tipici dell’alessandrino e un buon bicchiere di vino piemontese noi consigliamo un bel Nebbiolo d’Alba DOC

NON CI RESTA CHE CHIUDERE QUI IL NOSTRO VIAGGIO CULINARIO “BTALY ON TOUR” DOVE CI HA PORTATO A CONOSCERE PIATTI DELLA TRADIZIONE ALESSANDRINA! SE VI E’ PIACIUTO, NON VI RESTA CHE COMMENTARE QUI SUL BLOG, VI ASPETTIAMO E VI DIAMO APPUNTAMENTO CON UN ALTRO ARTICOLO DI “BTALY ON TOUR”!